Ercole Allievi

gennaio 18, 2012

Ercole era sdraiato sul letto, il silenzio della stanza era assordante, quasi le orecchie gli fischiavano, ma non era questo quello che gli correva nella testa, i suoi pensieri si rincorrevano, si seguivano e cozzavano tra di loro, creandone di nuovi o ripresentandosi più forti di prima, non un solo secondo la sua testa era inattiva, i suoi pensieri erano cosi impertinenti da metterlo quasi in stallo, trovò la forza di mettersi seduto sul letto, con le gambe incrociate, la testa tra le mani, chiuse gli occhi e si mise come al solito a pensare a quello che gli era successo oggi, ma soprattutto a quelle parole, “Una cosa lunga”.
Di diabete ne aveva già sentito parlare, chi non lo conosce, il glucosio nel sangue, ma aveva sempre creduto che era una cosa da vecchi, non certo da una persona della sua età, ancora si considerava giovane, magari non proprio per l’anagrafe, ma di sicuro dentro era poco più che maggiorenne, una malattia di quella portata non la aveva mai presa in considerazione, e poi quelle parole, certo che il diabete potrebbe essere una cosa lunga, una cosa che difficilmente potrebbe guarire, forse si cura, si controlla, ma di guarigione, per quanto ne sapesse, non aveva mai sentito di persone guarite, e poi gli venne alla mente una domanda, fu assalito da un pensiero come una coperta, “Ma cosa ho fatto per meritarmi questa cosa?”, allora cercò di ripercorrere la sua vita come un lampo e ripercorse tutti i punti più significativi, quelli che più gli hanno fatto male, le liti con gli amici, i compagni di scuola, i parenti, tutta quella rabbia che si era sempre portato addosso, le incomprensioni in casa e fuori, le discussioni con suo padre e le incomprensioni, il fatto che anche lui ha sempre preteso da se stesso più di quanto poteva fare, la sua grande timidezza, verso le persone e il fatto che questo gli ha dato molti problemi con il suo carattere non convenzionale, si era sempre sentito attratto dalla compagnia delle persone, ma non era mai riuscito ad avere un rapporto disteso con loro, era sempre sotto tensione, nervoso e non era mai riuscito veramente a entrare in sintonia con loro, tutto questo lo aveva sempre tenuto in scacco, sotto tensione, e molte altre cose lo avevano messo a dura prova.
“E adesso?”, si chiese, “Cosa faccio?”, “Perché?”, erano tutte domande che gli rimbalzavano nella testa, ma di una cosa cominciava a essergli evidente, qualche cosa stava cambiando, forse era già cambiato, molto provabilmente la sua vita era arrivata a una svolta, con questa cosa ormai si sentiva a un Bivio, dove solo lui era il protagonista, e unico artefice del suo futuro.

Una cena in ospedale

gennaio 18, 2012

Arrivò il mangiare e Virgilio, dopo aver aspettato qualche minuto che cominciasse a mangiare, salutò Ercole, lasciando la sua stanza, dirigendosi a casa.
Ercole aprì la prima ciotola, di una plastica di battaglia, un colore azzurro e un coperchi chiaro, trovò quello che aveva ordinato, del riso, cominciò ad assaggiarlo e si accorse subito che aveva un sapore strano, i chicchi erano crudi e senza sale, tipico di un ospedale, subito gli passò la fame, ma siccome anche a mezzogiorno aveva mangiato poco, con quella mensa speciale, questa volta si sforzò d’ingoiare quei chicci, uno, due cucchiai, poi si arrese, passò al secondo, aprì il secondo barattolo e trovò una coscia di pollo bollito, il sapore non era di pollo, e il colore era decisamente scotto, per fortuna trovò una bustina di sale, e ne butto sopra molto, coprendo quel sapone di plastica, anche di quello spiluccò qualche cosa ma lo lasciò li, il terzo barattolo era del purea di patate, di solito con quello s’indovina sempre, e cosi fù, si salvò la cena, il panino secco nella bustina ormai era duro e lo scartò subito, e in fine la frutta, che aveva ordinato fresca, ma gli portarono la Musse, un frullato di mela, in un contenitore di alluminio morbido chiuso.
Dopo aver finito di mangiare, spostò il vassoio, poi si lavò, messo a letto, pensava a quello che gli era capitato durante la giornata, dieci, venti minuti, li il tempo passava lentamente, ma scorreva, arrivarono delle inservieti, ritirarono il vassoio del cibo avanzato da Ercole e andarono via, solo adesso Ercole rimare solo con i suoi pensieri, il reparto era silenzioso, qualche piccolo rumore di fondo non interferiva su quell’atmosfera non reale che si era creata nella sua stanza.

Condivisione

gennaio 18, 2012

Ercole era seduto sul letto e ancora era scosso dalla visita che aveva fatto, le braccia dritte sul lenzuolo, lo sguardo verso la finestra e la testa da un’altra parte, non era presente in quel momento, il pensiero era ancora li, in quel reparto, ancora quelle sensazioni non gli erano passate, le sentiva addosso, quasi sperava che qualcuno spezzasse quell’incantesimo, il silenzio della stanza di certo non lo aiutava, gli faceva concentrare i pensieri ancora di più, fermo e paralizzato aspettava, aspettava che succedesse qualche cosa, poi a un certo punto qualcuno gli mise la mano sulla spalla, si girò e vide Virgilio.
“Ciao, come và?”, “Bene”, Ercole diceva sempre che le cose andavano bene, anche se le cose andavano male, “Sono venuto a trovarti appena possibile, sai il lavoro”, “Lo so”, “Dimmi cosa succede?”, “Non saprei, oggi sentivo parlare di diabete, ma non capivo perché, poi quelle punture sul dito e gli esami del sangue, non capisco”, Virgilio lo ascoltava e non aggiungeva niente, “Scusa provo a chiedere, arrivo subito”, cosi andò sul corridoio e cercò un medico, nella guardiola c’erano degli infermieri seduti che aspettavano, sembrava che non facevano niente, ma non era così, Virgilio si avvicinò, “Scusate, posso sentire un medico”, “Si certo, vada in quella porta, dall’altra parte del corridoio”, Virgilio andò e si mise ad aspettare il primario, era dentro, con un’altra persona, non sentiva cosa gli diceva, ma ogni tanto qualche parola gli arrivava, fino a che non si aprì la porta e una persona usci, appena vide il medico, Virgilio si avvicinò e si presentò, “Scudi dottore, io sono il fratello di Ercole Allievi, posso chiedergli qualche informazione?”, “Si certo, entri”, “Mi dica, come stà?”, “Abbiamo fatto tutti gli esami del caso e abbiamo trovato troppo glucosio nel sangue, la cosa non è preoccupante ma è una cosa lunga”, “Lunga quanto”, il medico a questa domanda non diede nessuna risposta, “Faremo altri accertamenti più approfonditi”, “Ma a cosa è dovuto?”, anche questa domanda non ebbe risposta, “Ma si può curare?”, “Faremo il possibile, vada pure dal Signor Allievi, devo visitare altri pazienti, arrivederci”, Virgilio si era innervosito dal fatto che il medico non gli dava risposte, ma non volle insistere, per una questione di rispetto, lui non era un medico e non vedeva conveniete tentare una lite, cosi torno da Ercole.
Ercole si era sdraiato, e Virgilio seduto su una sponda del letto, in modo confidenziale, cominciò a raccontargli quello che era appena successo, “Sai ho parlato con il medico, e mi ha paralto di diabete, e che è una cosa lunga, gli ho fatto mote domande, ma non mi ha dato nessuna risposta, questo è tutto”, Ercole ascoltava e la parola “lunga”, gli rimbombava nella testa, ma il diabete, alla sua età, non poteva essere, lui non mangiava zucchero in modo particolare, tutto gli sembrava strano, i conti non gli tornavano, per lui non era possibile, ma poi Virgilio aggiunse: “Coraggio, posso solo immaginare come ti puoi sentire, non ti preoccupare affronteremo anche questa, lo sai che puoi contare su di me, io ci sarò sempre, andrà tutto per li meglio”, poi gli appoggiò la mano sulla spalla, e con l’altra mano strinse forte quella di Ercole, per quasi cinque minuti.
A un certo punto entrò un’infermiera, cortesemente chiese a Virgilio di spostarsi, prese un piccolo ago, pinse il dito di Ercole mise una goccia di sangue su una strisciolina e la mise in una macchinetta, dopo aver scritto un numero su una tabella, chiese a Ercole di alzare la maglietta, con una piccola siringa gli fece una puntura sulla pancia, “Tra poco arriva la cena”.
Virgilio seduto sulla sedia osservava tutto, e aspetto che a Ercole gli portavano da mangiare.

Uno scuro reparto

gennaio 18, 2012

I visitatori stavano arrivando, anche se in largo anticipo, di certo Virgilio sarebbe arrivato più tardi, conoscendolo, e quindi Ercole poteva fare qualche giro e osservare le persone che arrivavano, anche se non era quello il suo vero pensiero, ma camminando nel reparto, arrivò sull’ultima stanza, dove c’era qualche paziente che aveva conosciuto e che stavano parlando animatamente, cosi si avvicina e si fa vedere, “Buona sera signore”, “Ciao”, “Sai devi sapere che poi il mio medico mi ha dovuto operare, e poi ho avuto delle complicazioni che mi hanno riportato in sala operatoria, poi alla fine si è capito cosa c’era, ma è stato solo l’inizio di una lunga serie di interventi, tanto che ormai mi considero uno spezzatino e non so più quanti interventi ho fatto”, “Lascia stare”, aggiunge la sua compagna di letto, “Io stavo male e nessuno ci capiva niente, esami su esami, ospedali ne ho passati un casino, visite private a go go, e poi alla fine, abbiamo capito cosa c’è, lei ha un sacco di polipi nella pancia, aspettiamo che diventano maligni, poi leviamo tutto”, Ercole ascoltava inerme e stupito, da tutte queste cose forti, lui percepiva la sofferenza e aveva una forte empatia verso le persone ammalate, dando grande importanza a queste cose invece che al mero divertimento, poi delle due ragazze si rivolgono a lui, “Ti vedo meglio, oggi”, “Ma ti dirò, non saprei cosa dirti”, “Ascolta, prima che arrivano i nostri parenti, andiamo a trovare quella signora, su al terzo piano, almeno gli facciamo compagnia un po’”, “Va bene, vado a prendere una cosa e poi andiamo”, “Va bene”, Ercole và velocemente nella sua camera, prende il libro e torna da loro, erano già sulla porta che lo aspettavano.
Ercole e le due ragazze imboccano la rampa delle scale, e salgono al terzo piano, reparto di Oncologia, entrati nel reparto Ercole viene investito dall’angoscia, una sensazione cupa e insopportabile, un silenzio inreale, una luce bassissima aumentava il peso delle sue sensazioni, le due ragazze cercano la stanza della signora che avevano conosciuto nel loro reparto, ed Ercole le segue, ogni stanza che passavano era completamente al buoi, le tapparelle abbassate, si vedevano delle persone che giravano nelle stanze, tutte completamente in silenzio, qualcuna sembrava che piangesse, altre semplicemente tenevano per mano il loro caro paziente, Ercole percepiva tutte queste cose e la grande sensazione di morte lo urtava, una sensazione che cominciava a non sopportare più, il terrore lo assaliva e a fatica seguiva le due ragazze, più vedeva tutte quelle cose e più si immaginava quale vita abbiano potuto avere quei pazienti, se fossero state delle persone brave o cattive, tirchie o generose, il loro carattere da sane e le loro storie, con tutto il suo carico di esperienza, tutto questo ridotto in un corpo che molto provabilmente sarebbe morto a breve, i pensieri di tutte queste cose ormai eramo insopportabili e sconvolgenti, arrivato alla stanza della signora, si scusa subito per la fretta, inventa una scusa, “Scendo, che stà arrivando mio fratello, le riconsegno il suo libro, arrivederci”, appena gli ha dato il libro, va via, scappa in realta, da quelle sensazioni sgradevoli, e più cammina, quasi corre, e più non vede l’ora di uscire da quel reparto, apre la porta e esce, quasi si sente meglio, ma si sente seguito, seguito da quei pensieri, scende le scale, comincia a respirare meglio, la tensione si allenta, gli sembra di aver scampato qualche cosa, e forse è proprio cosi, il colpo si sente ancora, ma adesso è nel suo reparto, l’aria è tutta un’altra, si avvicina alla sua stanza, e poi si siede sul suo letto, cercando di dimenticare quella esperienza, esperienza che lo segnerà per molto tempo, avvenimento che difficilmete dimenticherà.

Il paradiso degli orchi

gennaio 18, 2012

La stanchezza aveva preso il sopravvento su Ercole, la malattia, quelle snervanti corse in bagno, tutta quell’urina, la cucina dell’ospedale, lo stress di essere li e non da un’altra parte, le nottate passate con la radio alle orecchie perché non riusciva a dormire, gli avevano fatto venire un gran sonno, gli occhi si chiudevano e non poteva opporsi, cosi si addormentò.
Dopo un paio di ore si accorge di avere un forte fastidio al ventre, si gira, si rigira, nel tentativo di alleviare il dolore, ma dopo poco ricomincia e si ripresenta impertinente, cosi insiste ancora un po’ e poi si decide, si alza e và in bagno.
Uscito guarda lungo il corridoio ma non c’è nessuno, tenta qualche passo, ma poi ritorna nella sua stanza, aveva la testa molto leggera, si sdraia ancora sul letto e comincia a leggere il libro che gli aveva prestato quella signora, “Il paradiso degli orchi” di Daniel Pennac, guarda la copertina, svoglia la prima pagina all’inizio gli sembra molto interessante, un racconto, cerca di capire qualche cosa, il filo del discorso, tanto di tempo ne aveva molto, la lettura continua e sembra che tutto vada per il meglio, solo che comincia ad avere una strana sensazione nella sua testa, la sente molto leggera e le parole gli scorrono una dietro l’altra, ma ogni nuova parola si dirada e si sconnette da quella precedente, creando nella sua testa un discorso senza senso, privo di significato, discorsi di nessuna importanza, insignificanti nella vita reale, nella sua attuale situazione, la sua testa si dirada ancora di più, il nervoso aumenta fino a che si vede costretto ad abbandonare il libro, e cosi lo fa, lo chiude, e lo sbatte sul suo tavolino, richiude gli occhi e dopo poco si rialza, la testa gli gira, ma è solo un dettaglio ormai, nervoso più che mai ricomincia la passeggiata sul corridoio, sono ormai quasi le cinque e cominciano ad arrivare gli ospiti.

L’anno che verrà….2012

gennaio 5, 2012

Ormai manca poco alla fine del 2012, la fine dell’anno si presenta ogni volta con la stessa regolarità, occasione di festa, di divertimento, per festeggiare il passaggio dall’anno vecchio a quello nuovo, dove ogni persona si affaccia con speranza al futuro che porti cose buone e possa risolvere buona parte dei nostri problemi, cosa che succede quando ci avviamo verso una cosa che non conosciamo, e la cosa potrebbe essere veramente cosi, l’anno prossimo, uno dei tanti, potrebbe portare cose buone, soldi, salute e felicità, cose che tutti vogliono, cose che tutti sperano più di ogni cosa nella propria vita, anche se poi non sempre si ha la forza o il coraggio di cercarle veramente, spesso si spera sempre che qualche forza ancestrale ci pervada di tutto quello che ci serve, senza fare fatica, tutto per incanto, tutto per grazia ricevuta, ma non è cosi….anche qui c’è la controstoria.
Il 2011 mi è sembrato un’anno al quanto strano, pieno di colpi di scena, sia a livello internazionale che a livello personale; quello che è successo e stà succedendo a livello internazionale, ma in maniera più particolare a livello sociale, si sono presentate e si prospettano con scenari sconvolgeti, la pesante crisi economica prima Americana, e ora Europea, stanno cambiando in modo radicale tutti gli assetti sociali, le vite delle persone stà cambiano profondamente, perché tutte le sicurezze che si avevano e che i nostri padri avevano comquistando, si stanno sgretolando, si stanno perdendo tutti i diritti e molti non li hanno veramente conosciuti, minando non solo il futuro del singolo, ma tutto il sistema, perché un vero sistema economico e poi quello sociale, per vivere ha bisogno di autosostenersi, per mantenere delle persone nella loro attività, è necessario che altre comprano e consumano un determinato prodotto, creando quel circolo virtuoso che permette a tutti di sostenersi e lavorare, facendo girare il denaro che poi alla fine ci ritorna sotto forma di salario per il nostro lavoro, chiudendo il cerchio, ma questa catena si stà spezzando, stà succedendo qualche cosa, la catena economica si stà rompendo, anche se si cerca sempre di nascondere o rimandare il problema, ma secondo me, siamo già da tempo ad un punto di non ritorno, dove il sistema è già in ginocchio, e chi comanda cerca di non farlo, rimandando i nodi al pettine alle generazioni future, perché attualmente e nel passato, si è sempre vissuti nel “Chi se ne frega !”, pensando solo a se stessi, a tutti i livelli, sia personale che politico, credendo che il problema non fosse mai esistito, dove il vero problema è sempre degli altri, visto che si aveva una certa sicurezza, che quella sicurezza ormai era un diritto aquisito e intoccabile, inalienabile, ma che ormai i fatti, e la storia smentiranno in tutta la loro brutalità, che ancora non si è presentata in tutta la sua potenza, ma che già fa percepire le sue pesanti ombre; il 2011 ha già buttato le basi per il 2012, troppe persone stanno perdendo il proprio posto di lavoro, in nome di una crisi economica che viene fatta passare come reale, ma che in realtà è nata nelle stanze virtuali dell’alta finanza, la crisi dei mutui Revolving Americani, ha innestato un circolo vizzioso, che ha travolto, prima l’America stessa, e poi come un gigante ciclone ha investito l’Europa, e li stà facendo un casino di danni, tutto in nome di quel mero guadagno e speculazione, ma forse ancora nessuno ha veramente capito, che se il sistema non si sostiene, anche i palazzi alti crollano, e per sostenersi, è necessario che la popolazione lavori, perché solo loro sono il vero volano dell’economia, non di certo chi ha molti soldi, che di solito spendono nei grandi patrimoni e che per loro natura non creano l’indotto di crescita, quindi se la base si ferma, cosa che stà già accadendo, tutto crolla, e di questo ne sono sicuro, si può andare avanti ancora avanti per un certo periodo di tempo, ma quando ogni singola persona avrà finito i propri soldi e non ha un nuovo lavoro, tutto finisce, si è costretti a fare la vita del barbone, e ormai questo è in forte aumento, l’incremeto delle persone che si rivolge alla Caritas è aumentato del quaranta per cento, persone che non riescono a pagare il mutuo o l’affitto cominciano ad essere troppe, i disoccupati hanno raggiunto percentuali record, e quelli che sono riusciti a mantenere il proprio lavoro sono costretti a straordinari massacranti, per compensare i licenziamenti che le loro stesse aziende hanno voluto per abbattere i costi, sostituendo i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato, con lavoratori precari, a metà stipendio, senza tutele e diritti, cosa che permetteva di programmare il futuro, anche a lungo termine, oggi tutto questo è finito, oggi si vive giorno per giorno, oggi ci sono e domani non ci sono più, si razzola nel proprio pollaio, con il paraocchi, questo vuol dire: appattere i consumi, non potersi neanche permettere di comprarsi una casa, con tutta l’incertezza che c’è le banche non ti fanno il prestito neanche con due stipendi a tempo indeterminato, diventa impensabile avere un figlio, molte coppie preferiscono non avere figli perché è costoso, e non metterebbero mai al mondo una persona che potenzialmente si troverà in dificoltà, condizione per cui mette in moto tutta una serie di reazioni a catena, la popolazione invecchia e non c’è ricambio, meno persone lavorano per mantenere i pensionati, meno forze giovani e relative innovazioni possono essere messe in atto per progredire e mogliorare la società, anche se ancora si può fare molto, lo stato Italiano è assente su questo fronte, cosa che in altri paesi è messa in grande importanza l’attenzione verso i giovani, quale fonte di rinnovamento e di progresso, nei paesi più evoluti vengono fatti investimenti a perdere sui giovani, cosa che in realtà ha un forte ritorno sociale, economico e d’innovazione portato dai giovani che sono stati aiutati e resi indipendenti, mentre in Italia avviene tutto il contranio, i giovani vengono abbandonati a se stessi, resi indifferenti a ogni stimolo e interesse verso il futuro, apatici e demotivati, i più intelligenti scappano da questo paese e vanno in quei paesi evoluti, vengono accolti a braccia aperte, sono assistiti, supportati collocati in posizioni adeguate, e questi ragazzi vedendo tutto questo interesse si impegnano in quello che devono fare, e cosa succede, molto spesso questi nuovi ricercatori fanno scoperte interessanti, utili e innovative, che poi vengono appropriate dalle nazioni o aziende di loro competenza, sfruttando e incassando ogni profitto da quella invenzione, e a dire che avrebbero potuto farlo in Italia, sarebbero stati più contenti fare quello che fanno nel loro paese, ma l’Italia non li vuole, non gli interessa, sono solo dei bamboccioni, viziati e incapaci, per questo e per altri motivi l’Italia va a capofitto, una caduta che sarà difficile arrestare.
A livello personale i colpi di scena sono stati meno di quelli Macro economici, ovviamente, ma per me comunque di una rilevante portata, il licenziamento, la rabbia, lo sbandamento di trovarsi in mezzo alla strada e faticare solo a trovare la forza di pensare a cercare un lavoro, un lavoro che dicono ci sia, forse per pochi, ma dove? di certo non come quindici anni fa, il vuoto della vita avendo perso ogni certezza, tranne quella familiare, che mi sostiene, ma fuori di casa mi sembra di camminare sopra una fune, senza rete di sicurezza, combattendo con me stesso, mi inganno nelle poche cose che faccio, mi tengo occupato con le faccende di tutti i giorni o leggendo qualche cosa, ma tutto questo tempo, forse non è tutto completamente buttato, in attesa di un giudice, forse il tempo che mi scorre tra le mani ha una ragione d’essere, l’esperienza in fatto di lotta operaia potrebbe essere impagabile, se tutto dovrebbe andare per il meglio, se dovessi trovare o riottenere un lavoro, il presidio, i lottatori, le interazioni e reazioni, gli avvenimenti che si susseguono, il loro licenziamento, la loro causa, sentire cosa diceva il loro avvocato, passare tutta l’estate con loro, sei mesi di presidio vissuto non possono lasciare indifferente, non si può rimanere indifferenti alla dignità del lottatori, dei loro discorsi, delle loro speranze, che poi sono anche le mie, mi fanno capire ulteriormente la situazione generale, sia Micro che Macro sociale, tutti i volti dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro, le notizie sul telegiornale, ogni giorno preoccupanti, sentire come si orientano per il futuro, le strategie che adoperano per trovare un lavoro, e se lo trovano, cosa trovano, molti di loro sono scoraggiati per il loro futuro e vedere una persona di quarant’anni che si dispera e comincia a ventilare l’idea di vendere la casa e andare a vivere in tenda, è una cosa che non può lasciare nessuno indifferente, dando le prospettive per l’anno nuovo, molti percepiscono il futuro molto pesante e preoccupante, e devo dire che hanno veramente ragione, a meno che non succeda una vera e propria sommossa sociale, e se succederà anche io mi presenterò all’appello.

Un ragazzo particolare

dicembre 30, 2011

Astrubale, figlio di Cipriano, cugino di Errmeto.
È da un paio di giorni che gira sul terzo sito un ragazzo particolare, un ragazzo che non avevo mai visto girare da queste parti, questo non è come molte altre persone che sono passate qui, fanno la presenza, passano per un certo periodo, danno o fanno qualche intervista o considerazione, osservano quello che succede, ma non mostrano una personalità spiccata, quel guizzo da mettersi in evidenza, una sicurezza e una espansività travolgente, tutto questo Astrubale lo ha mostrato, si è subito messo in evidenza raccontando e raccontandosi, la sua vita di costante precario, anche se ha 39 anni, il suo modo di vedere le cose, sia Micro che Macro, la sua esperienza nei molti presidi visitati, le soluzioni possibili di questa crisi, che altri avrebbero dovuto prendere, ma che per volontà politiche o economiche non vengono prese, le soluzioni possibili e considerazioni attuabili sul terzo sito erano attendibili, stimolava i combattenti nella lotta perché è l’unico modo per resistere, non cedere ai poteri forti, l’unico modo per cercare una soluzione sostenibile, perché chi non combatte ha già perso, lui che con la sua giovane età di lotte ne ha gia fatte molte, avendo partecipato a presidi grossi, come quello della Inse, o manifestazioni a Milano che sono finiti in veri e propri conflitti urbani, mostrava in ogni momento la sua singolarita, si potrebbe tranquillamente considerarlo un ragazzo sveglio, che ha molte cose da dire e un’esperienza di vita tutta sua, anche perché non è comune vedere un ragazzo che dedica intere giornate a vivere sulla propria pelle un’esperienza forte come quella della lotta, se non ha una mentalità fuori dal comune, che riesca a dire quello che dice e pensa, senza avere delle basi e una mentalità eccezionale, di certo non è l’unico ragazzo che trova il coraggio di “tirare fuori la voce”, ho incontrato ragazzini di 16 anni che parlavano come i nostri padri nel 1968, le stesse parole, la stessa cadenza della voce e fervore, ma Astrubale lo faceva con leggerezza e convinzione, quasi volesse sostenere ancora una volta le sue convinzioni, convinzioni di cambiamento e sviluppo, certamente condivisibili e attuabili, se solo ci fosse la convinzione di chi comanda di poterle fare, ma come ogni cosa anche qui c’è la controstoria: per quanto le cose dette da Astubale siano concrete e possibili, non possono essere messe in pratica dai lottatori, semplicemente perché non sono di loro competenza o più semplicemente non dipende solo da loro, certo che provabilmente avranno intuito che sono possibili altri stili di pensiero, ma che nel contesto in qui si trovano devono essere, per il momento, essere rivalutate, per il momento hanno notato che quello è “un ragazzo particolare”, a questo punto anche io persuaso che le cose dette dal lui erano possibili ma che il mondo in questo momento percorre un’altra via, saluto e prendo la strada per il ritorno, ma lentamente vengo di nuovo travolto dai miei pensieri e la mia vita comune mi ha riabbracciato con la sua dolce e calda coperta, con una cosa in più, quella di aver conosciuto oggi un’ “ragazzo particolare”, che molto provabilmente non vedrò mai più nella mia vita.

Gli amici del presidio

dicembre 30, 2011

Ormai sono sei mesi che i presidianti mantengono le loro posizioni, si alternano nei turni del presidio, con costanza e sicuri in quello che fanno, lo spirito e il coraggio dei combattenti si percepisce anche nelle piccole cose, la solidarietà tra di loro è percepibile, anche perché molti di loro si conoscono da molti, troppi anni e questo in alcuni di loro ha fatto instaurare rapporti che ormai superano solo quelli trà colleghi di lavoro, c’è qualche cosa di più, una rispettosa amicizia, ma oltre a queste persone, o meglio, combattenti, ci sono altri che pur non essendo direttamente interessati all’azienda, si comportano come se lo fossero, questo mi ha fatto notare questa singolarità che mi ha fatto riflettere sul perché di questo comportamento insolito.
Cosa può essere che spinge queste persone a investire il proprio tempo, quando non avranno nessun beneficio, qualunque sia il risultato della lotta? La risposta più semplice è che queste persone sono solidali con i combattenti, vuoi perché “gli amici” lo sono stati quando erano dipendenti loro stessi, e quindi sanno cosa vuol dire lottare, e questo soltanto può giustificare il loro comportamento, ma sotto a questa spiegazione c’è qualche cosa d’altro, fare il volontario non vuol dire dare, ma prendere, prendere più di quello che si dà, questa è una legge mai scritta e indiscutibile, per chi riesce a vederne la finezza nelle cose, si prende esperienza, rapporti sociali con altre persone e sentirsi utili a qualcuno, cosa non indifferente, cosi “gli amici” del presidio si presentano, collaborano e vengono accettati dai lottatori, come loro, anche se delle volte i combattenti presi dai pensieri della loro situazione o anche fosse solo per il loro carattere, alcuni di loro mostrano una certa indifferenza, quelli più sensibili si accorgono della presenza “degli amici”.
Anche io sono un’ amico del presidio, anche io ho partecipato al presidio più di quanto avrei dovuto, ma l’ho fatto e continuerò a farlo, perché questa per me è una grande opportunità per fare esperienza in fatto di lotta, lotta che al lavoro non ho mai veramente conosciuto, anche se devo riconoscere di avere una bella armatura sulle spalle, ma cose di questa portata non le avevo mai viste, le azioni che si susseguono, le decisioni che vengono prese da entrambe le parti, il movimento che viene messo in moto, sono cose che per me erano sconosciute, anche perché la fabbrica molti anni fa era famosa come un posto sicuro che avrebbe accompagniato i suoi lavoratori alla pensione, cosa che ultimamente, nei fatti non è accaduta, e questo dentro di me provoca molto dispiacere, per tutta una serie di motivi, per il fatto che anche io sono disoccupato e attualmente non vedo prospettive per il futuro, anzi il futuro lo vedo abbastanza scoraggiante, e poi penso a tutti quei lavoratori che si trovano in condizioni decisamente peggiori delle mie, tutto questo mi spinge ancora di più a essere solidare ai lavoratori del terzo sito.
Gli “amici del presidio” di solito possono avere solo due tipi di comportamento, alcuni sono solo di presenza, altri hanno un comportamento attivo, entrambi i comportamenti vengono apprezzati dai combattenti, anche solo la presenza per loro vuole dire molto, non si sentono soli, anche se soli non sono, ma per loro, con il tempo i lavoratori percepiscono la presenza e la personalità degli amici; gli “amici attivi” sono molto apprezzati, in tutti i sensi, perché loro danno anche una mano a livello materiale e logistico, sono molto più integrati degli amici solo di presenza, ed è giusto che sia cosi, ma secondo me non dovrebbe essere quello l’approccio migliore, visto che io sono solo un’ amico di presenza, essere troppo attivi nel presidio non deve essere la regola, per un’amico, perché devono essere proprio i lottatori e lottatrici, che gestiscono le faccende quotidiane, solo cosi si dà quel valore aggiunto alla lotta, di certo i lottatori già fanno molto per mantenere il presidio, e io so che è cosi, ma secondo me non dovrebbero lasciare persone che non sono direttamente interessati alla lotta, ad essere più attivi e partecipi di loro stessi, gli “amici” del presidio devono essere presenti, condividere quanto stà succedendo, nei limiti del possibile, portare la propria esperienza, sia in campo umano che di lotta, se l’ha gia fatta, dare eventuali suggerimenti che poi verranno vagliati, a seconda del caso, e poi essere solo presenti, condividere i pasti, supportare materialmente il presidio, se necessario, e poi basta, la gestione delle faccende non deve essere di loro competenza.
Questo è il modo in cui vedo la presenza al picchetto da parte degli “amici del presidio”, magari potrà essere contestata, ma secondo me è il miglior modo per far in modo che anche i lavoratori stessi abbiano maggiore solidarietà con i propri colleghi, aumentando e rafforzando lo spirito di cameratismo.

La vera lotta

dicembre 17, 2011

La sabbia della clessidra è finita ma ………..
Ormai il giorno della fine della cassa integrazione e l’inizio della pratica di mobilità è arrivato, segnando nei fatti il licenziamento dei 325 dipendenti del terzo sito, dopo sei mesi di presidio permanente sui cancelli, giorno e notte, dopo aver tentato ogni strada percorribile, dopo aver sorvegliato il proprio tesoro, smosso ogni possibile canale di comunicazione di massa, televisione e giornali, dopo averci creduto, aver sperato e aver fatto sentire la propria voce a qualsiasi livello possibile, l’ultimo incontro, quello decisivo non ha portato i risultati sperati, l’azienda dopo aver fatto un’offerta inaccettabile per i lavoratori, si sono arroccati nelle loro decisioni, “Non accettate, quello che vogliamo noi?! ( dice l’azienda ), allora non vi diamo niente”, a queste condizioni i combattenti con la massima dignità non hanno accettato, puntando a un’obbiettivo più alto, con il mancato accordo, l’azienda ha deciso di chiudere la questione con il licenziamento, cosa che i combattenti hanno dovuto prenderne atto, visto le circostanze, ma per loro non è finito niente, si certo l’azienda ha dichiarato la chiusura ed è luogo comune pensare che sia finita, ma non è cosi per i combattenti, loro dopo aver incassato il colpo, continuano nella linea della lotta, continuare a sorvegliare il loro tesoro, la fabbrica, in altre realtà lavorative avrebbero potuto gettare la spugna, ma loro sono una singolarità, combattono e resistono, in questi sei mesi si erano solo preparati, coscenti che quello era solo l’inizio, il sospetto di come sarebbero potute andare le cose l’avevano già capito da tempo e che la lotta sarebbe stata lunga lo sapevano, ma tutti insieme si sono motivati e sostenuti, e devo dire che proprio la loro forte unione e coesione ha portato il presidio fino a questo punto, e non è poco, in questi sei mesi sarebbe potuto succedere di tutto, ma solo il loro spirito di gruppo, umanita e intelligenza, ha permesso che il presidio ottenesse delle vittorie morali, che anche quelle sono molto importanti, mettendo delle basi per una lotta a lugo termine.
Solo adesso comincia la vera lotta, con la lettera di licenziamento e la mobilità in tasca, la lotta adesso si svolgerà su tutti i campi, prima di tutto con le linee consuete verso l’azienda, e poi nel controllo e sorveglianza della fabbrica, ma spero che l’azione dei lottatori vada oltre, che mettano in atto ogni contatto possibile per trovare un nuovo aquirente, un nuovo datore di lavoro che possa essere interessato a molti lavoratori specializzati nel loro settore, e questa è una cosa che dovrebbero tentare, per portare la vera vittoria a casa, di certo anche gli altri non staranno a guardare per portare a termine i propri interessi, ma per il momento hanno avuto molto filo da torcere; oltre a questo la vera lotta la devono fare i combattenti con se stessi, non sempre è facile tenere il morale alto e restare sempre combattivi, la gestione della vita potrebbe richiedere un guadagno maggiore della mobilità, finchè c’è, e di conseguenza dover guardare altrove, magari qualcuno ci riesce, mettendo in campo tutto quello che ha a disposizione, nel caso dovesse succedere le priorità diventerebbero altre, e di conseguenza la lotta passerebbe in second’ordine, ma visto la situazione economica e lavorativa generale attuale, credo proprio che la percentuale di queste persone sarà molto bassa, e quindi difendere il proprio posto di lavoro, continuerà ad essere fondamentale.
La lotta è solo all’inizio.
……….. ma conoscendoli, da ormai sei mesi, sono sicuro che saranno proprio i combattenti a rigirare la clessidra, che permetterà alla sabbia di ricominciare a scendere.

Occupazione

dicembre 13, 2011

Oggi 12-12-2011 si è svolto lo sciopero generale contro la manovra finanziaria di Mario Monti, in modo particolare contro l’innalzamento dell’età pensionabile, e anche al terzo sito si è svolto lo sciopero come sempre, ma questa volta qualche cosa è successo, una cosa che non avevo mai visto. anche se è solo da sei mesi che seguo la vicenda, e quindi non ho avuto modo di conoscere altre azioni che nel sito si sono susseguite.
Questa mattina la sveglia è suonata molto presto, come è ormai consueto in questi giorni, e quando era ancora buio mi sono avvicinato alla fabbrica, facendo il solito giro, già uscendo di casa mi aspettavo le persone ai soliti posti, prima sui tornelli e poi ai cancelli, ma questa volta ho scoperto con sorpresa che i lottatori avevano cambiato strategia, ai tornelli non c’era nessuno, stranamente!, al cancello secondario non c’era nessuno, ma eranto tutti d’avanti al cancello principale, non si preoccupavano più delle persone che sarebbero potute entrare dai tornelli, non era più necessario controllare, l’obbiettivo era un altro, poi con calma ho capito perché avevano questo comportamento singolare, la possibilità di entrare era stata impedita dalla direzione e quindi un’aggiuntivo controllo era inutile.
Sul piazzale della fabbrica si sono radunati altri lavoratori di altre aziende, per solidarieta o perché anch’esse in crisi, le persone erano molte e la condivisione alta, le forze dell’ordine erano presenti e vigili a mantenere l’ordine, cosa che non è mai venuto a mancare, visto che è stata una manifestazione molto civile; la cosa che ha caratterizzato questo sciopero è stata un’altra, oggi era il giorno della chiusura dell’azienda, anche se c’era ancora qualche giorno di proroga, ma la direzione per confermare ancora una volta la propria intenzione alla chiusura, ha lucchettato alcune entrate che permettevano l’entra ai reparti e staccato le macchinette per timbrare, una forzatura che ai combattenti non gli è andata bene, ancora alla vigilia di altre trattative per salvare la fabbrica dei lavoratori, si proprio cosi, la fabbrica non appartiene alla direzione aziendale, ma ai lavoratori, che la hanno vissuta per tanti anni e ormai la sentono loro, una cosa da difendere a tutti i costi, con ogni mezzo e con tanti sacrifici, perché ormai sentono l’azienda, il luogo, non come un posto solo dove avere lo stipendio, ma la sentono con un grande affetto, verso il luogo, le storie che si sono susseguite anche in più di vent’anni di permanenza, il rispetto e l’amicizia verso gli altri dipendenti, portano i lavoratori e allo stesso tempo, combattenti, a difendere l’azienda a tutti i costi, cosi a un’orario convenuto, comincia la vera manifestazione, la loro, dopo che alcune persone li hanno portate a queste condizioni, dopo che gli hanno portato via il lavoro che c’era, e gli stavano portando via la fabbrica, i combattenti hanno fatto la cosa più giusta che potevano fare, si sono ripresi quello che era nei fatti loro, si sono ripresi quello che gli apparteneva, in modo completamente civile e senza forzare niente, hanno occupato il loro reparto, facendo valere i propri diritti e dimostrando che loro sono parte integrante e fondamentale degli eventi, che loro esistono e sono determinati a resistere.
Anche io ho avuto modo di vedere cosa in realtà stavano difendendo ed è bastato un colpo d’occhio per capire quale era l’entità della posta in gioco, veramente notevole, un patrimonio di apparecchiature, ma principalmente un grande bacino di risorse umane e esperienza che non dovrebbe mai essere spazzata, risorse che potrebbero benissimo crearne altre, se solo le cose fossero svolte con i criteri che non fossero solo quelle economiche o di dismissione, le conoscenze aquisite per usare alcune macchine non si imparano in pochi giorni.
Ancora una volta sono contento di seguire e conoscere questi lavoratori, sentire le loro storie, le loro speranze e le loro preoccupazioni, ogni giorno ricevo uno spaccato di vita reale, contento di avere un’esperienza indimenticabile e di conoscere uomini e donne con le “palle”.